lunedì 24 novembre 2008

ANOSS al Festival dei diritti umani di Parma


Il 18 Novembre
nella Sala Conferenze del Comune di Parma si è svolta la tavola rotonda promossa dall’associazione avente il titolo:
“Operatori socio-sanitari italiani e stranieri e qualità della vita. Quali diritti alla base delle relazioni e del rapporto costi/qualità”
La presenza di un pubblico attento ha valorizzato la tavola rotonda che non ha deluso le attese quanto a professionalità e vivacità dei relatori.

A partire da Tiziana Mozzoni, assessore ai servizi sociali della Provincia di Parma, che ha interpretato il suo ruolo con dovizia di particolari e un elevato grado di passione, che non guasta mai, comunicando gli impegni assunti e realizzati dall’Amministrazione e portando un giudizio positivo sulle posizioni della Regione che ha ben interpretato i bisogni stanziando per la non autosufficienza un importo dello stesso ordine di grandezza dell’impegno nazionale e ha realizzato la trasformazione delle IPAB con una modalità che assicurerà comunque maggiore efficienza. Non tutti d’accordo su questo punto. C’è anche chi come Antonio Costantino ha assegnato la preferenza al modello di struttura dei servizi della Lombardia che con l’accreditamento delle strutture e delle aziende che materialmente eseguono il servizio assicura maggiore dinamicità nelle scelte, maggiore economia e una garanzia di sviluppo socio-economico. Di grande interesse i dati descritti dal prof. Ferretti, docente all’Università di Parma di economia sanitaria, che ha mostrato come sistemi dotati di maggior efficienza sono in realtà spesso portatori di soluzioni inique. Per quella parte dell’uditorio costituita da operatori più vicini agli aspetti materiali del servizio, è stata di particolare interesse la relazione di Stefano Garbin (M&R di Padova) che ha saputo suscitare anche momenti di emotività descrivendo elementi cruciali del lavoro degli operatori nell’ottica di una formazione operativa che tenga conto dei diritti di ognuno compreso quello di conoscere a quale destino professionale si è chiamati per poterlo comprendere nel profondo e condividere in ottica di sviluppo professionale e personale. Nell’intervento di Franco Pesaresi (Presidente nazionale ANOSS) si è toccato il delicato problema della badanti, del loro costo, della loro professionalità e delle difficoltà che si incontrano per l’emersione del lavoro nero. Un punto è che difficilmente i comuni arrivano a contribuire in termini sufficienti a coprire il costo dei contributi e così datori di lavoro e lavoratrici finiscono per preferire soluzioni non regolari. Dopo un breve intervento di Pier Giuseppe Bollati si è giunti alla conclusione del convegno in cui si è evidenziato come gli operatori e i servizi stiano attraversando una difficoltà da cui ci si può difendere solo ritrovando fiducia prima di tutto nella propria capacità di relazione e poi in quei responsabili illuminati che nei diversi ruoli sapranno portare a compimento il difficile e travagliato percorso di rinnovamento del welfare

Sanità e politica: separarsi è difficile

Si prende spunto da un articolo di Andrea Tardiola, collaboratore della rivista indipendente on line www.lavoce.info di cui si è riproposto il titolo.

L’occasione (Gennaio 2008) era data da un disegno di legge col quale il Governo si proponeva di porre un freno all’ingerenza della politica nella nomina dei direttori e dei primari nelle Aziende Sanitarie provocando reazioni dure delle Regioni che rivendicavano l’autonomia sancita dalla riforma costituzionale del 2001. Effettivamente le Regioni non possono rinunciare a presidiare politicamente la sanità in quanto è il servizio nel quale esse spendono circa il 70 % del loro budget. Da questo concludono che i direttori devono essere scelti con uno stretto rapporto fiduciario. Nella proposta del Governo si riconosce questo, però si chiede che le nomine devono essere fatte solo tra chi è tecnicamente preparato.

Non si può non ricordare che esistono mille possibilità di addomesticare i meccanismi di selezione e anche di inventarne di nuovi che, pur nel rispetto formale della strategia di selezione su base tecnica, consentono e promuovono in realtà la più ampia discrezionalità politica!

Dunque né le Regioni né il Governo avevano allora e non hanno adesso alcuna volontà di abbandonare l’idea del controllo diretto dell’attività gestionale della sanità. Spesso si assiste a dibattiti surreali nel senso che non incidono affatto sulla realtà e si limitano a definire dei percorsi formali che di solito peggiorano, se fosse possibile, la situazione.
Per quanto ci possa sembrare incredibile ancor oggi nelle posizioni elevate della politica (e quindi in quelle posizioni che influiscono pesantemente nella cultura dei servizi) si arriva, si può dire, ad umiliare il concetto di “Politica della Salute” limitandosi ad identificarlo con la “gestione dell’apparato” preposto alla gestione dei servizi per la salute. C’è, come qualcuno ha detto nei commenti all’articolo citato, una situazione di lottizzazione strutturale che si riproduce e attraversa tutti i campi della politica da destra a sinistra e in ogni parte d’Italia.

Una conclusione.
È ovvio che la politica non può disinteressarsi della salute, e questo non solo perché è un costo elevato per lo Stato e in alcune zone è anche un fondamentale produttore di reddito, ma soprattutto perché la salute e, più in generale, il benessere dei cittadini è un dovere fondamentale di chi ci governa ai vari livelli.
Quello che è mancato fin’ora, però, è una vera capacità di programmazione e controllo, anch’essa sempre citata o millantata ma per la quale non è mai stata fatta una seria pratica formazione, indispensabile, a partire dai politici. Non se ne è vista la necessità perché non serve a perpetuare “la Casta”. Un’attività di controllo sugli apparati produttivi imporrebbe una nuova comunicazione ai cittadini dove ognuno si dovrebbe prendere le responsabilità del caso e i politici dovrebbero mettere in gioco la loro rielezione sulla base dei successi o degli insuccessi della gestioni degli apparati da loro scelti.
Vedremo mai una cosa del genere?
Speriamo di poter andare a votare, un giorno, non spinti da suggestioni o immersi nel “sonno televisivo” ma in base ai risultati documentati sulla qualità di vita che i governanti ci hanno garantito.

martedì 11 novembre 2008

IL DIBATTITO SUL WELFARE SPINGE VERSO UNA RICOSTRUZIONE DELLA CULTURA DIFFUSA

Ci sono notizie, estensibili a tutto il territorio nazionale, che mostrano i segni di una crisi generalizzata. Mancano posti residenziali e l’offerta non soddisfa la domanda già oggi e ancor meno lo potrà fare in futuro, ma i cittadini su questo hanno diritto a una comunicazione chiara. La crisi è generale, è crisi di valori oltre che economica e impone un cambiamento. La via d’uscita deve essere ricercata all’interno di un nuovo approccio culturale al mondo dei servizi sociosanitari, ma un grande cambiamento nella cultura diffusa richiede uno sforzo delle massime istituzioni e del potere politico locale.

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IL DIBATTITO SUL WELFARE