giovedì 28 gennaio 2016

ed - News Letter n° 3/2016



Anziani fragili e malattie da farmaci. Una riflessione.
È noto a tutti che negli ultimi 60/70 anni la medicina ha subito mutamenti vistosi, perché cambiamenti considerevoli sono avvenuti in primo luogo a livello sociale e demografico. È noto a tutti che la speranza… continua  

Su questo argomento presentiamo un corso ECM al Meeting delle Professioni di Cura il giorno 20 aprile ore 14,00. 
Per info e iscrizione: Vai al sito 

“L’eco dei tuoi passi” Una raccolta di racconti a tema.
È stato presentato il nostro primo libro ed è pronto per essere letto. L’eco dei tuoi passi è il primo volume della collana «Narrativa e cura – Letture in chiave sociosanitaria».
Una raccolta di sei racconti, ispirati a storie vere, che vi farà emozionare. Ogni storia parla a modo suo di vita e di… continua

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C’è la presentazione del libro “L’eco dei tuoi poi passi”  e altro

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Una riflessione su “Gli anziani fragili e le «malattie da farmaci»”

Negli ultimi 60/70 anni la medicina ha subito mutamenti vistosi, perché cambiamenti considerevoli sono avvenuti in primo luogo a livello sociale e demografico. È noto a tutti che la speranza di vita si sta allungando, ovvero che la popolazione sta invecchiando progressivamente nel suo complesso. Così come è noto che mediamente le donne vivono più a lungo degli uomini. Meno noto è però il fatto che parallelamente alla maggiore aspettativa di vita, le donne vanno anche incontro di media a un invecchiamento peggiore rispetto agli uomini.
Altro importante cambiamento è avvenuto infatti a livello epidemiologico nelle patologie emergenti: se in passato erano prevalenti le malattie infettive e carenziali, si ha oggi una preponderanza di quelle cronico-degenerative, che impongono l’uso di svariati farmaci. Quest’ultimi possono rendersi responsabili della comparsa di eventi avversi nei pazienti. In altri termini, si può parlare di vere e proprie «malattie da farmaci», che sono tipiche della condizione anziana (dove polipatologia, fragilità e cronicità sono «di casa») e che contribuiscono chiaramente ad aumentare i costi della salute. Se dunque le donne presentano una maggiore sopravvivenza in termini di anni, devono però fare i conti con una più spiccata fragilità. Detto in poche parole: le «malattie da farmaci» preferiscono le donne!
Nel frattempo sono cambiati anche i luoghi della cura per gli anziani: ci si cura sempre meno a casa propria, e sempre più in luoghi «estranei», come case di riposo o ospedali (in quest’ultimi, peraltro, si è passati da una medicina che accoglieva tutti a una focalizzata sui pazienti acuti e poco attenta ai bisogni dei malati cronici e fragili). Si sono fatte inoltre più deboli le reti famigliari e si è infine modificata anche la relazione medico-paziente: da un medico che si occupava un po’ di tutto, si è passati a medici specializzati che non comunicano (ovvero da una «medicina dell’organismo intero», a una «medicina d’organo»). Per quanto i pazienti abbiano oggi a disposizione terapie più efficaci per le loro malattie, quindi, sono di fatto meno ascoltati, sentendosi spesso meno in contatto con i medici anche a livello corporeo…


Abbiamo ricavato questa breve riflessione a partire dalla lettura di uno studio che il Dott. Ferdinando Schiavo ha voluto gentilmente condividere con noi. Sul sito www.ferdinandoschiavo.it potete trovare informazioni ulteriori sul “Progetto di Supervisione di un campione di ospiti in istituti e centri diurni per anziani” (Progetto SA): un progetto di studio importante e significativo compiuto dal Dott. Schiavo, di cui è bene che operatori sanitari (ma anche comuni cittadini!) prendano visione.

Di “malattie da farmaci” si parlerà al Meeting delle Professioni di Cura, il 20 Aprile 2016, alle ore 15. Il workshop B-05 Gli anziani fragili e le “malattie da farmaci” aperto a tutti e accreditato ECM, sarà tenuto dal Dottor. Ferdinando Schiavo (neurologo) e dalla Dott.ssa Carla Papparotto (Direttore d’Area delle Cure sanitarie e sociosanitarie e Docente a contratto presso il Corso di Laurea in Infermieristica, Università degli Studi di Udine). Di seguito il programma della giornata:


·       Dott. Ferdinando Schiavo – Introduce e coordina
La persona anziana fragile, le malattie neurodegenerative, la polifarmacoterapia e le “malattie da farmaci”
·       Dott.ssa Carla Papparotto
La collaborazione fra medici, infermieri e altri operatori per ridurre i problemi dovuti alla polifarmacoterapia
·       Esposizione di casi clinici emblematici
Dibattito


Per info e iscrizioni consulta, come sempre, il nostro sito: www.editricedapero.it  (sezione “meeting”). O scrivi una mail a info@editricedapero.it.
Ti aspettiamo!








mercoledì 20 gennaio 2016

ed - News letter n. 2 -2016

Quando il Burnout è dietro l'angolo...
Chi è impegnato in professioni di aiuto è più esposto, rispetto a molti altri lavoratori, a un particolare tipo di stress lavorativo, a un «esaurimento emotivo e professionale» che è chiamato burnout (letteralmente «bruciarsi»). Tendenzialmente si parla di burnout per una persona quando . .. continua  

Il Meeting delle Professioni di Cura. La prima giornata
Ormai pressoché definitivo, il programma si apre con un'intervista parallela a Stefano Cugini (Assessore al welfare del comune di Piacenza) e Carla Collicelli (Vicedirettore generale del CENSIS). Vai al sito e scarica la locandina  

Guarda il reportage dell'incontro dell'Osservatorio RSA  dell'Università LIUC edito da ememe: Clicca su video

Prossimi Corsi e convegniVai a Corsi e convegni .
Marzo 2016 - Master alla LIUC  "management delle RSA".  Info

mercoledì 13 gennaio 2016

Quando il Burnout è dietro l’angolo…

Di Giulia Dapero

Chi è impegnato in professioni di aiuto è più esposto, rispetto a molti altri lavoratori, a un particolare tipo di stress lavorativo, a un «esaurimento emotivo e professionale» che è chiamato burnout (letteralmente «bruciarsi»). Tendenzialmente si parla di burnout per una persona quando questa passa progressivamente da uno stato di entusiasmo ed euforia iniziali ad uno di passività, apatia e rinuncia alle proprie responsabilità. Il burnout non avviene dall’oggi al domani, ma vi si arriva con gradualità, passando attraverso alcune «fasi» che possono essere isolate.
Come dicevo, la persona inizia con una situazione di entusiasmo idealistico esagerato. Letteralmente innamorata della propria attività che le permette di aiutare gli altri, non presta attenzione allo scetticismo dei colleghi più anziani. Non ha paura delle difficoltà del mestiere: a guidarla è il suo ideale, il suo sogno di aiutare il mondo. Peccato, però, che questo ideale non tenga il passo con la realtà. Così, prima o poi, si rende necessario un risveglio dal sogno. È così che si entra nella seconda fase, quella detta di stagnazione, in cui si ha la sensazione di non avere adeguati riconoscimenti e risultati rispetto ai propri investimenti di energia. L’entusiasmo comincia a rallentare, e possono anche emergere segni di irritabilità e disagio nei riguardi di colleghi e assistiti.
La terza fase (frustrazione) vede il crollo definitivo dell’ideale, che è ormai diventato una vera e propria utopia. Lo scarto tra realtà e ideale non può più essere colmato, ogni ostacolo diviene per la persona insormontabile e la fa sentire bloccata. Dalla sensazione di frustrazione e di disillusione è facile il passaggio a sensazioni negative di fallimento, senso di colpa, di vergogna, di inadeguatezza per non essere stati «all’altezza» del proprio compito. Non ci si sente adeguatamente riconosciuti, ci si sente isolati, si percepiscono come «lontani» i propri responsabili, oltreché i propri familiari e amici. Arrivati a questo punto, però, si apre un bivio interessante; siamo posti di fronte a una scelta, che è interamente nelle nostre mani.
Da un lato possiamo lasciare che questa crisi ci investa e ci sommerga, ritirandoci nell’apatia finale. Questa è infatti l’ultima fase, quella che corrisponde al burnout pienamente realizzato: si giunge a una spersonalizzazione dei rapporti, gli altri ci danno sempre più fastidio e tentiamo per questo di «dis-umanizzarli», di arrivare a un completo distacco relazionale. Ecco, questa può divenire la nostra morte emotiva e professionale. Un’apatia che ci logora dentro, che soffoca completamente quel fuoco interiore che ci animava all’inizio e che – cosa ancora peggiore – è contagiosa e può dar luogo a spiacevoli circoli viziosi (sia verso i nostri colleghi, sia verso le persone che dovremmo aiutare).

D’altro canto, però, esiste anche un’altra possibilità. Possiamo decidere di riconoscere la criticità della nostra situazione, e possiamo cercare di superare con creatività questa crisi, facendola divenire un’occasione per maturare, per ridimensionare con serenità il rapporto tra le nostre aspirazioni idealistiche e la realtà effettiva con cui ci troviamo a fare i conti. Possiamo scegliere di tornare a prenderci cura anche di noi stessi, nel modo migliore; di ripristinare un sano equilibrio nelle nostre relazioni, riportando la giusta attenzione a noi e agli altri…

Di questo problema parleremo approfonditamente al Meeting delle Professioni di Cura, nel workshop B-01 Stress lavoro-correlato e burnout, il 20 aprile 2016 a Piacenza. Per l’occasione proietteremo il cortometraggio intitolato Marilena: una storia che ci risveglierà forti emozioni e ci aiuterà a riflettere sull’importanza di ricreare una sana relazione con noi stessi e con gli altri. Interverranno poi relatori eccellenti, portando preziosi contributi grazie ai loro studi e alla loro esperienza. In particolare è prevista la partecipazione di Letizia Espanoli, che presenterà una relazione dal titolo «Quando l’onda dello stress è alta divertiti a sur-fare: tecniche per la sopravvivenza», l’intervento di Roberta Borsari (Referente Alzheimer della cooperativa Coopselios) e di Renzo Colucci (Formatore - Associazione Seneca). Seguirà un dibattito aperto al pubblico. Ogni partecipante che lo desidererà potrà intervenire, facendo domande o riportando la propria esperienza.


Per iscriverti e per vedere il programma completo dell’evento consulta il sito www.editricedapero.it (sezione “meeting”).
Ti aspettiamo al Meeting delle Professioni di Cura - 20 e 21 aprile 2016 – Piacenza Expo.
Per qualsiasi dubbio o richiesta scrivi a: info@editricedapero.it.

martedì 12 gennaio 2016

ed - News letter n 1-2016


2016 Cosa c'è di nuovo? Un sacco di idee!
Il sistema di produzione della cultura sociosanitaria deve proiettassi verso la creazione di una rete di relazioni per condividere prassi e pensiero. ...leggi tutto

Due parole per Pina Bausch: un coreografa che ha portato in scena ballerini anziani. ...leggi tutto

Infine, ecco l'elenco di corsi e convegni che si svolgeranno prossimamente:

15 gennaio - Inizia corso su Disturbi cognitivi (Mantova). Click qui per info
15 gennaio - Ben fare  a Montaione (FI).      Info
20 gennaio - Inizia  il corso "Dal PAI alla valutazione dei risultati (Padova). Info
23 gennaio - Inizia Gli Happy Days di Caleidos (Imola). Info
Marzo 2016 -Inizia il Master alla LIUC "management delle RSA".  Info
Altri corsi e convegni. Info

sabato 9 gennaio 2016

2016: cosa c'è di nuovo? Un sacco di idee!

Da qualche tempo mi sta torturando un pensiero: voglio capire quanto il nostro mondo è cambiato. La risposta non l'ho mai trovata e così ho deciso di smettere di fare studi analitici. 
Basta guardarsi intorno: cosa è cambiato? Tutto! Sono cambiate le case e le città, sono cambiate le automobili e tutti gli altri mezzi di trasporto. Dal centro di Milano al centro di Roma in treno si fa prima che in aereo!  Va bene, tutto sembra cambiato in meglio. E le relazioni? Le relazioni tra le persone sono cambiate anche loro e sono cambiate così tanto che se non sappiamo prenderne atto e adattarci al nuovo rischiamo di rimanere soli. 
Soli completamente, abbandonati dai Governanti che governano in base ai sondaggi e alle idee espresse nei social network, abbandonati dalle aziende industriali che producono beni sulla base delle opinioni rilevate da internet. Non andremo più in vacanza spendendo il giusto se non conosceremo i trucchi del Booking on line e alla fine potremmo essere abbandonati anche dagli amici che, non potendo mai dialogare con noi in modo virtuale, potrebbero pensare che  non siamo più in grado di dialogare in alcun modo o che non abbiamo nessun argomento interessante da comunicare.
Va bene, sto esagerando, ma provate un po' a pensare: come vivrebbe oggi una persona se non fosse capace di utilizzare almeno  uno dei tanti strumenti di comunicazione e di navigazione in rete. 
Sarebbe  semplicemente fuori!


E se vogliamo far conoscere ciò che stiamo realizzando? Possiamo farlo dire da un banditore? Farlo pubblicare da un giornale? Farlo stampare sui manifesti? Si va tutto bene, ma non basta! Il numero di persone raggiunto sarà sempre modesto e di certo sproporzionato al costo da sostenere.

È chiaro cosa si deve fare: si deve mettere la notizia in rete! Ma non è così facile… Quanti contatti pensiamo di raggiungere se semplicemente mettiamo la nostra notizia sul nostro sito? Qualcuno potrebbe dire: molti. Bene, ma i realtà i contatti raggiunti sono quelli consolidati che oltretutto potrebbero affievolirsi nel tempo perché un’altra cosa è cambiata: la tendenza alla fedeltà nella ricerca di informazione. 

Una volta chi leggeva “Il Corriere” non andava a comprare un altro giornale e così faceva lo spettatore del TG1 ma adesso… nessuno è più fedele a nessuna fonte di informazione. Adesso hanno senso solo le reti social o per lo meno le reti informali tra operatori dello stesso sistema.

Dunque anche le politiche commerciali sono cambiate? Si, certo. Sono cambiate o per lo meno devono cambiare. La resistenza al nuovo è sempre un fattore di rallentamento specialmente quando il nuovo mette in discussione principi ritenti sacrosanti in tutte le attività commerciali quale la necessità di difendersi dalla concorrenza. Tale necessità, che guarda caso ha cambiato faccia anche lei, spingeva  tutti a negare qualunque informazione ai concorrenti reali e potenziali. Oggi non sembra più il caso di fare una cosa simile, basta proteggere alcune informazioni sensibili  ma il “prodotto finito” va immesso nel network, lo conoscano pure tutti anche quelli che lo possono copiare.
Nel mondo dell’editoria e della produzione di eventi culturali c’è ancora una certa ritrosia ad aderire a questo concetto ma in realtà ci dovremmo tutti impegnare per superare al più presto quello che credo sia un evidente limite del sistema.

E’ necessario che tutto il sistema di produzione di cultura sociosanitaria sia proiettato alla creazione di una ragnatela relazionale condivisa ed inserita adeguatamente nelle prassi e nelle modalità operative, essendo consci che solo così sarà possibile raggiugere una profonda conoscenza dei bisogni di coloro che di questi servizi culturali devono servirsi. Solo così ogni azienda o associazione o gruppo potrà affrontare il futuro con personalità rafforzata dalle sue scelte consapevoli e dalla definizione di alcune caratteristiche distintive.
Il web consente quindi di attivare un sistema relazionale profondo, concreto e molto importante, le grandi aziende l’hanno intuito e lo stanno applicando noi dobbiamo muoverci!!

Dovendo fronteggiare una pressione competitiva su vasta scala ci dobbiamo caratterizzare sempre più come sistemi aperti e fortemente interagenti, consapevoli del fatto che il successo dipende in grande misura dalla capacità di mobilitare competenze e risorse di business presenti all’esterno della nostra stessa azienda: società, gruppo informale o associazione che sia. 

La creazione di network tra imprese consente, potenzialmente, di occupare in modo più organico le aree di interesse nell’ambito del mercato della cultura sociosanitaria e di rapportarsi con interlocutori che operano all’interno di uno spazio economico ampio. 

Con le nuove tecnologie tutto ciò è attuabile facilmente: Internet rappresenta un’opportunità di moltiplicazione degli scambi e di aumento della visibilità verso nuovi interlocutori. Non importa se un nostro concorrente vede i nostri contatti, anche noi vedremo i suoi. Ciò che conta è che vedremo più persone interessate e, se sapremo analizzare correttamente le informazioni di feedback potremo conoscere in anticipo e meglio cosa dobbiamo fare e cosa dobbiamo proporre. Potremo capire come fare per inserire la nostra attività in quella nicchia precisa che consente  di esprimere al meglio le nostre potenzialità.

Questi concetti non li abbiamo scritti per caso: basta considerare che  sosteniamo Ememe, il social network dedicato al mondo sociosanitario e gestiamo un sito  www.editricedapero.it dove vi reclamizziamo il nostro Meeting di aprile ma non trascuriamo di mettere in evidenza tutte le attività di quelle realtà produttrici di cultura che abbiamo avuto il piacere di incontrare.

Buon 2016 e buona fortuna a tutti!!


venerdì 8 gennaio 2016

Due parole per Pina Bausch

Di Giulia Dapero

Pina Bausch (1940-2009) fu una coreografa e ballerina tedesca, nota come più importante esponente del Tanztheater (trad. “teatro-danza”), progetto artistico nato negli anni ’70 in Germania che intendeva distinguersi dalla danza moderna e dal balletto per includere elementi recitativi. Un’interessante commistione tra il teatro e la danza, appunto.

Le sue prime opere erano caratterizzate da critiche serrate alla società contemporanea, basata sul consumismo e del tutto incapace di amore. Celebre il capolavoro Kontakthof, creato a Wuppertal nel 1978. Kontakthof, che letteralmente significa “luogo dei contatti” descriveva la società tedesca del dopoguerra: ricca, ma volgare, infantile e portata a ricercare una sorta di “socializzazione forzata” come rimedio all’atomizzazione degli individui.
Kontakthof arrivò anche in Italia, nel 2003 a Ferrara, ma leggermente cambiato. In questo caso la Bausch portò sul palco persone anziane, over 60, con l’intento di continuare a farci riflettere sulle carenze e i vizi della nostra società, che dal dopoguerra a oggi non è mai cambiata; mentre noi individui, al contrario, inevitabilmente invecchiamo e vediamo il nostro corpo logorarsi, impotente di fronte alle leggi del tempo naturale. 
Ho voluto dedicare queste pochissime righe alla grande Pina Bausch, perché penso che la sua arte possa essere fonte d’ispirazione per tutti noi. La critica di Kontakthof sembra ancora drammaticamente attuale. È ancora necessario ripensare a nuovi modi di stare insieme, di entrare socialmente in relazione, per far fronte alla nostra costitutiva solitudine. E mi sembra più che mai doveroso, da parte nostra, emanciparci dalle ideologie giovanilistiche e consumistiche che ancora ci affliggono. Dare a persone ultrasessantenni il ruolo di protagonisti in uno spettacolo danzato, inoltre, significa ribellarsi ai canoni precostituiti di bellezza e agli stereotipi sociali che investono l’anziano. Si dimostra così che lo splendore del corpo sta anche nella sua fragilità e che può essere “bello” o “artistico” tutto ciò che sa appassionare e trasmettere concetti utili e capaci di cambiare lo status quo. In ultima analisi, ciò che la Bausch ci insegna secondo me, è che rispetto a un corpo che invecchia è di gran lunga peggiore una società che non impara dai propri errori, che non si rinnova e che non ha nemmeno più il desiderio di ricercare luoghi di contatto autentico. 

Se clicchi il link qua sotto puoi vedere un brevissimo video di Kontakthof (2000) da youtube
https://www.youtube.com/watch?v=pn5cknjzjBg