venerdì 23 gennaio 2009

Scuola di comunità



Forum Solidarietà e Provincia di Parma organizzano la “Scuola di Comunità”,
un’iniziativa per mettere a confronto il volontariato, le istituzioni, il terzo settore.

La “Scuola di Comunità” è lo sviluppo locale della “Scuola di Volontariato” promossa, a livello regionale, dal Co.Ge Emilia Romagna e dal Coordinamento Centri di Servizio per il Volontariato Emilia Romagna. La scuola si propone lo scopo di stimolare riflessioni sull’importanza dell’agire gratuito e favorire la crescita del capitale umano impegnato nelle organizzazioni di volontariato.


Ho preso parte ad un primo incontro in rappresentanza dell'associazione di promozione sociale ANOSS sez. Emilia-Romagna.
Questo primo seminario si è tenuto a Parma presso l'Hotel Stendhal sabato 17 gennaio. La giornata si è svolta in due momenti con una prima relazione sui beni relazionali e il capitale sociale e una seconda sugli stili di leadership in vista della produzione di capitale sociale.
Ottimo relatore è stato il Prof. Ivo Colozzi, ordinario di Sociologia presso la facoltà di Scienze Politiche dell'Università di Bologna

I temi dell'incontro di studio sono stati trattati partendo da una sottile analisi sul futuro del welfare che vede il terzo settore come sicuro protagonista. Le ragioni di questa previsione di successo del terzo settore sono state sintetizzate in 4 punti:

  1. è più facilmente innovativo - Ne sono una prova le comuità terapeutiche per tossicodipendenti che hanno affrontato e conseguito gli obiettivi con criteri e metodi orginali,
  2. è un elemento di democratizzazione del welfare - è caratterizzato da una maggior vicinanza ai cittadini e ai loro bisogni, partecipa ai "tavoli" di programmazione,
  3. ha flessibilità nelle risposte - a differenza dell'ente pubblico gode di maggior flessibilità operativa e di una capacitrà di rapida modifica degli "stili",
  4. è capace di produrre beni relazionali e capitale sociale
Il fatto di nascere con caratteristiche implicite di operatore con spiccata e naturale feeling relazionale è la qualità più rilevante del terzo settore!
A questo punto è interessante l'esame approfondito di cosa significhi "bene relazionale". La maggior lettura sull’argomento parte dalla distinzione dei beni in tre categorie:


  • BENI PRIVATI = Tipico prodotto del "mercato"; destinanti allo scambio tra soggetti singoli come un'automobile, un frigorifero, un pranzo al ristorante o un viaggio. Normalmente li producono aziende private
  • BENI PUBBLICI = Caratterizzati dalla fruibilità per tutti, ovvero dal godimento indivisibile come ad es. l'illuminazione pubblica. Godimento indipendente dal pagamento. Normalmente prodotti dallo Stato
  • BENI RELAZIONALI = Intangibili ma determinati: si producono attraverso una relazione e sono essi stessi relazione, implicano riconoscimento dell'altro, vengono goduti in interazione con altri e vengono prodotti (e simultaneamente goduti reciprocamente) senza motivazioni strumentali. I beni relazionali producono inclusione che è il contrario della solitudine ed è la premessa della coesione sociale.
Una breve digressione sul concetto di servizio che a differenza del prodotto comprende sempre una relazione. Nel caso dei servizi la relazione è importante e serve a misurarne la qualità, ma il bene scambiato non è la relazione come nel bene relazionale.

Il relatore ha riferito del Rapporto CENSIS 2007 nel quale è stato dato un quadro dell’Italia in cui la società è sfilacciata e la coesione sociale è debole. Ciò sulla base del peso dei divorzi, della valutazione dei legami tra generazioni e della solidarietà verso l’altro –diverso-.

Se ciò è vero, se se siamo in una realtà sociale che si sta spappolando, è strategico per il benessere della gente attrezzarsi per costruire beni relazionali. Una conclusione possibile è che chi è capace di produrre beni relazionali può e deve lavorare per il progresso della società.
Il terzo settore ha questa capacità, più dello Stato e del mercato, che invece, mettendo frequentemente, con la loro azione, in forse la fiducia, sono consumatori di beni relazionali.
I beni relazionali non nascono dal comando (Tipico modo di esprimersi dello Stato) e non sono finalizzati allo scambio (Modo tipico del mercato). La relazione è povera di valori quando è dovuta per legge o finalizzata allo scambio.

Così come l’insieme dei beni costituisce il capitale, la somma dei beni relazionali costituisce il capitale sociale. In sintesi il capitale può essere:

  • ECONOMICO = denaro
  • UMANO = capacità dell’uomo
  • SOCIALE = dotazione di relazioni attivabili senza dispendio di denaro e senza uso di potere


Il secondo modulo della giornata formativa prevedeva uno studio relativo agli stili di leadership relativamente allo sviluppo di comunità. Scopo del modulo era verificare, quando e in che misura, produrre caopitale sociale dipende dal modo in cui un leader conduce un gruppo o un'organizzazione.

Il docente ha arricchito la relazione con una tabella in cui viene data rappresentazione di quali caratteri o madalità, in relazione a cinque item, producono beni relazionali e quali costituiscono aspetti negativi o, in gergo, "reti antagoniste"

Per creare beni relazionali bisogna che siano rispettati i seguenti principi

OGGETTO dell'attività: Lecito. Trasparente. Non direttamente economico

Le REGOLE: Esplicite e con procedure trasparenti

La STRUTTURA: Orizzontale. Flessibile. Elastica

FLUSSI informativi: Interconnessi. Bidirezionali . Microinformazioni rilevanti

RAPPORTO con ambiente: Cooperativo. Informato. Non predatorio

(Fonte Fondazione Brodolini)

Da una lettura attenta della tabella si traggono informazioni importanti riguardo la modalità più idonea per gestire la leadership.

La lòezione si è svolta cercando di dare i giusti significati alle parole e spiegando il giusto peso delle nuove espressioni che, al di là dei fenomeni di "moda", si stanno affermando per i contenuti più sottili che riescono ad evocare e a portare akll'attenzione di tutti.

Governance non è semplicemente un inglesismo o una deriva linguistica del termine con cui si indica il governo e l'attività di governo. Si tratta in realtà di una costruzione logica basata su un diverso modo di ionterpretare e gestire gli atti di governo. Alla gestione degli atti di governo viene riconnessa normalmente una situazione di potere e tendenzialmente si ritiene che si esplichi attraverso l'espressione del comando. Questo è ciò che, in lingua inglese, viene correttamente reso col vocabolo government. La modalità di governo indicata con l'espressione government esclude particolari valutazioni della situazione, anzi la valutazione delle informazioni di ritorno è del tutto esclusa. ciò significa che all'azione di government corrisponde un'attività basata sul comando e che non si cura se non incidentalmente e casualmente dell'opinione del destinatario del comando.

I moderno indirizzi portano invece verso un diverso metodo sintetizzato dalla parola governance che rappresenta un fenomeno che tiene conto di questi processi innovativi e consente di fdar evolvere l'attività di governo dal comando alla creazione del consenso.

Il docente ha poi fatto un riferimento ai Piani di Zona per mettere in evidenza quanto una legislazione pur corretta nei principi possa non riuscire a produrre gli effetti sperati in assenza di norme attuative specifiche e di una sviluppo della cultura sottesa all'innovazione. Difficilmente sono state previste norme di valutazione e controllo. A partire dal coinvolgimento più esteso possibile degli attori locali, c'era la necessità di creare parametri di valutazione a cui riferirsi per i processi e gli esiti allo scopo di poter integrare o modificare, successivamente, i piani stessi in modo coerente e corrispondente al successo a all'insuccesso ottenuto. Occorrono obiettivi chiari e definiti e strumenti di verifica e controllo.

A partire dai Piani di Zona si prende atto dello sviluppo della nuova tendenza di applicare il concetto di governance all'azione di governo. Pur riconoscendo valore alla tendenza, non si può non rilevare che gli stili di leadership applicati nel tempo non sono o non sono stati i più idonei a creare beni relazionali e quindi capitale sopciale e pertanto occorre affinare l'azione e applicare correttamente gli istituti che diversamente finirebbero per cambiare connotato interpretativo. Ciò che, per esempio, è successo alla sussidiarietà che nella sua accezione originaria precvede lo Stato che porta aiuto alla società civile solo quando questa non basta alla soluzione del propblema. Si rileva che questo è il caso o l'interpretazione meno diffusa, perchè nella realtà lo Stato si pone al centro della progettualità e della realizzazione del progetto e solo quando non ce la fa più si fa "sussidiare" dalle altre organizzazioni. Addirittura sembra che il modello di sussidiarietà più diffuso sia l'esternalizzazione, cioè, lo Stato fa fare all'esterno, a un produttore terzo legato da un contratto, ciò che non riesce a fare

INFORMAZIONI
Di facile accesso è il link: www. lascuoladivolontariato.it


Il primo seminario di cui abbiamo riportato la sintesi si è tenuto:
Sabato 17 gennaio 2009 dalle 9:30 alle 13 presso l’Hotel Stendhal in via Bodoni 3 a Parma.

Sono previsti altri incontri

Per info a riguardo si può consultare:

Forum Solidarietà - Settore Formazione: Enrica Ferrari e Monica Bussoni
Tel. 0521/228330
E - mail: formazione@forumsolidarieta.it

oppure:

Provincia di Parma: Debora Tanzi
Tel. 0521/931320
E - mail: d.tanzi@provincia.parma.it


Ivo Colozzi - (Curriculum breve)
Professore ordinario di Sociologia presso l'Università degli Studi di Bologna. Attualmente titolare degli insegnamenti di Sociologia e di Teoria e metodi della programmazione sociale presso la Facoltà di Scienze Politiche. Fra i suoi interessi di ricerca si segnalano in particolare i temi del Terzo settore e delle Politiche Sociali; la cultura della società civile in Italia; la sociologia della religione; l'analisi sociologica della morale. E' membro del comitato scientifico di diverse riviste e collane editoriali di sociologia. Negli ultimi anni è stato membro del CIVR (Comitato di Valutazione della Ricerca Universitaria) per il panel 14 (Scienze politiche e sociali) e consulente scientifico del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali per l'attività dell'Osservatorio delle Associazioni di Promozione Sociale previsto dalla legge 383 del 2000.

Nessun commento: