venerdì 21 ottobre 2011

Costi & Qualità - Il punto

Nelle varie manovre economiche che sono state fatte negli ultimi mesi si è verificato un fenomeno particolare: molti interventi, pur non riferendosi direttamente al settore sociale e mantenendo caratteri generali, incidono profondamente sul nostro sistema di welfare.
Questo effetto ce l’hanno, per esempio, i tagli sui trasferimenti agli enti locali e ciò è grave perché, a ben guardare, è proprio il Comune che offre ai cittadini le più importanti azioni di sostegno del welfare mediante erogazione di servizi. Una riduzione della finanza derivata dei comuni non può che provocare una situazione progressivamente devastante nel dilemma tra eliminare i servizi o aumentare la tassazione locale o entrambe le cose. I tiket sanitari poi e altri provvedimenti colpiscono in modo diretto i cittadini che più hanno bisogno e Il risultato, alla fine, non è altro che un impoverimento delle famiglie che pagheranno più tasse e avranno meno servizi. Forse si pensa che in periferia ci sia confusione e sprechi ma non credo che sia così o comunque se c’è confusione e spreco, non ce n’è più che nell’Amministrazione dello Stato!
Così si può dire che la crisi internazionale e i provvedimenti adottati per arginarne gli effetti rimandano indietro il livello del welfare state, in modo graduale e a volte appena percepibile ma continuo e inesorabile. Per un verso viene spontaneo di criticare il Governo, ma non possiamo non ammettere che nel contesto generale di crisi tutti gli ambiti della vita sociale finiranno nel mirino prima o poi. Se ci sono meno soldi in tasca non si può continuare a spendere come prima: è logico! Il Governo può senza dubbio essere criticato, in particolare per dare uno stimolo riformatore, perché non è giusto incidere sulla qualità di vita della gente e soprattutto delle classi più deboli attraverso azioni che non si dichiarano apertamente riferite al welfare ma ne modificano la natura socio-economica senza incidere sulle sue caratteristiche strutturali. Qui si tratta di riformare il sistema di welfare immaginato dalla legge 328/2000, non di fare tagli finanziari indiscriminati che rendono il dettato della legge una mera speranza per un futuro incerto.
È chiaro, la riforma deve avvenire in base alla nuova realtà socio-economica e anche tenendo conto delle normative regionali sull’accreditamento che hanno portato complessivamente una profonda innovazione o, a volte, confusione altrettanto profonda. I compiti dell’Amministrazione pubblica sono chiari e definiti? Sono coerenti con la logica del contenimento e della salvaguardia dei diritti? Si ha la sensazione che nessuno oggi nella politica che conta abbia voglia di impegnarsi su questi temi in modo esplicito e questo è uno dei nodi da sciogliere. Abbiamo bisogno di riformare il welfare e dobbiamo farlo in modo esplicito e col contributo di tutte le forze che a vario titolo concorrono alla sua gestione.
Per parte nostra ci proponiamo di lanciare alcuni temi per la discussione e quindi contribuire alla ripresa di un dibattito. Riteniamo che si debba stringere un nuovo patto di collaborazione tra gli amministratori pubblici, i dirigenti e gli operatori nonché i responsabili del terzo settore e quindi lanciamo un invito con forza. Occorre partecipare per non essere sopraffatti: il nostro settore naviga in acque ancora più difficili di altri per diverse ragioni. Prima di tutto c’è una evidente eterogeneità di operatori e altri attori. L’eterogeneità potrebbe anche essere un elemento positivo perché ad ognuno corrisponde qualche elemento di forza peculiare, ma occorre mettere in rete le forze altrimenti l’essere diversi non serve a nulla se non a dividere.
Mettere in rete i servizi e liberalizzare gli accreditamenti. Combattere le rendite di posizione in cui si annidano sprechi e inefficienze. Non sono dichiarazioni vuote, basta analizzare i diversi contenuti in termini di costi e qualità dei vari servizi e dei vari gestori per comprendere come sia vaga e improponibile l’idea che si possano definire degli standard generali di costi e qualità.
Standard che possano essere ugualmente validi per le diverse regioni o per le diverse tipologie di gestore.
Mettere in rete anche “i saperi” perché tutti possono imparare qualcosa dagli altri. Si è combattuta l’autoreferenzialità delle singole strutture e siamo arrivati ad un fenomeno ugualmente distorto a livello di Regioni. Ogni Regione pensa di aver trovato la ricetta e troppo spesso si richiude su di essa senza rendersi conto che un simile atteggiamento di chiusura non favorisce evoluzioni possibili.
E per chiudere un paio di domande:
il personale è pronto ad affrontare un cambiamento importante? La dirigenza è consapevole della complessità ed è in grado di guidare un’evoluzione non facile, visto che si tratta di combattere contro una riduzione di risorse?
Le industrie che danno prodotti e servizi alle strutture operative di assistenza possono essere coinvolte nel processo di cambiamento? Hanno di sicuro interesse a mantenere in vita il settore e possibilmente svilupparlo, quindi in che modo possono essere coinvolte attivamente?
Prossimamente si cercherà qualche approfondimento rispetto a queste due domande così da preparare il terreno al dibattito che si prospetta forte e costruttivo del talk show organizzato da Maggioli al forum sulla non autosufficienza (10 novembre – Bologna Savoia Hotel) proprio sul tema costi e qualità. 
Crediamo sia importante partecipare a questo Talk Show. Quanto meno è ora di parlare chiaramente di ciò che non va. Qui siamo messi male e lo dobbiamo dire!!

Visita il sito del forum e leggi  il programma del Talk Show

Guarda su youtube questo video di Vasco Rossi   
.... io non ho voglia  più di fare finta che, che vada tutto bene solo perché c'è!
Guardami, io sono qui, e te lo voglio urlare: io sto male!!