Di Giulia Dapero

Come dicevo, la persona inizia con una situazione di entusiasmo idealistico esagerato. Letteralmente innamorata della propria attività che le permette di aiutare gli altri, non presta attenzione allo scetticismo dei colleghi più anziani. Non ha paura delle difficoltà del mestiere: a guidarla è il suo ideale, il suo sogno di aiutare il mondo. Peccato, però, che questo ideale non tenga il passo con la realtà. Così, prima o poi, si rende necessario un risveglio dal sogno. È così che si entra nella seconda fase, quella detta di stagnazione, in cui si ha la sensazione di non avere adeguati riconoscimenti e risultati rispetto ai propri investimenti di energia. L’entusiasmo comincia a rallentare, e possono anche emergere segni di irritabilità e disagio nei riguardi di colleghi e assistiti.
La terza fase (frustrazione) vede il crollo definitivo dell’ideale, che è ormai diventato una vera e propria utopia. Lo scarto tra realtà e ideale non può più essere colmato, ogni ostacolo diviene per la persona insormontabile e la fa sentire bloccata. Dalla sensazione di frustrazione e di disillusione è facile il passaggio a sensazioni negative di fallimento, senso di colpa, di vergogna, di inadeguatezza per non essere stati «all’altezza» del proprio compito. Non ci si sente adeguatamente riconosciuti, ci si sente isolati, si percepiscono come «lontani» i propri responsabili, oltreché i propri familiari e amici. Arrivati a questo punto, però, si apre un bivio interessante; siamo posti di fronte a una scelta, che è interamente nelle nostre mani.
Da un lato possiamo lasciare che questa crisi ci investa e ci sommerga, ritirandoci nell’apatia finale. Questa è infatti l’ultima fase, quella che corrisponde al burnout pienamente realizzato: si giunge a una spersonalizzazione dei rapporti, gli altri ci danno sempre più fastidio e tentiamo per questo di «dis-umanizzarli», di arrivare a un completo distacco relazionale. Ecco, questa può divenire la nostra morte emotiva e professionale. Un’apatia che ci logora dentro, che soffoca completamente quel fuoco interiore che ci animava all’inizio e che – cosa ancora peggiore – è contagiosa e può dar luogo a spiacevoli circoli viziosi (sia verso i nostri colleghi, sia verso le persone che dovremmo aiutare).


Per iscriverti e per vedere il programma completo
dell’evento consulta il sito www.editricedapero.it
(sezione “meeting”).
Ti aspettiamo al Meeting delle Professioni di Cura
- 20 e 21 aprile 2016 – Piacenza Expo.
Per
qualsiasi dubbio o richiesta scrivi a: info@editricedapero.it.
Nessun commento:
Posta un commento