mercoledì 18 dicembre 2013

RACCONTO DI NATALE Nessun essere umano è un’isola


Personaggi

Maria: Anziana vedova, residente in una RSA. Nata e vissuta in un comune della provincia di Bergamo.
Miryam: OSS nata alla fine degli anni ’70 a Leopoli in Ucraina. Il nome rinnova quello della nonna materna, Miryam in quanto di origine ebrea, morta insieme a suo figlio nel massacro di Leopoli del 1941. Miryam che ha fatto studi infermieristici non conclusi in Ucraina emigra in Italia dove ha lavorato prima come badante e poi, dopo aver frequentato con profitto il corso come OSS, in una RSA della provincia di Bergamo. È sposata e ha un figlio di 5 anni che vive a Leopoli coi nonni; anche il marito è andato a lavorare all'estero e precisamente in Kazakistan negli impianti di estrazione del gas naturale.
Mario: l’infermiere amico di Miryam.
Guido: il coordinatore inflessibile e un po’ razzista.

Tutto comincia qualche giorno prima. Guido è in difficoltà nell'impostazione dei turni della settimana di Natale. Nessuna OSS accetta di buon grado di fare la notte della Vigilia.

Così Guido si ricorda che Miryam è di fede cristiana ortodossa e che, osservando  il calendario Giuliano, per fortuna visti i problemi di Guido, non festeggia Natale il 25 dicembre, ma tredici giorni dopo.

E poi - questa Ucraina – pensò - diventata OSS solo l’anno scorso, che non sa neanche bene l’italiano, potrà fare un turno notturno in più, tanto a casa sua evidentemente si stava molto male se se ne è venuta qui.. la sua religione poi.. per lei il 25 non è neanche festa.

Così il giorno dopo questa bella pensata la chiama nel suo ufficio.

 - Tu farai la notte tra il 24 e il 25 e poi riposo
-        -  Ma io ha fatto già due notti.. presto
-        - Tutte le OSS hanno problemi di famiglia, e poi c’è la messa di mezzanotte, la messa di Natale. Tu vivi sola e per te il 25 non è neanche Natale, quindi..
-        -Si, per me non è Natale, vivo sola, ma come mi spieghi che devo fare più notti degli altri?
-       - Te l’ho già spiegato, accidenti, vuoi farmi impazzire per la settimana di Natale?

Miryam tace, ogni insistenza sarebbe stata solo controproducente per i futuri rapporti con Guido che è il direttore; con lui non si può discutere più di tanto. E poi potrebbe peggiorare anche i rapporti con i suoi compagni e compagne di lavoro. 
-Già ce ne sono molti che mi vedono con poca simpatia.- così pensa e così a malincuore accetta.

Viene infine la notte di Natale e dopo le otto già si va spegnendo il rumore, ancora poche anziane guardano la televisione tra sbadigli e sussurri e le solite irrefrenabili, mai stanche di camminare, vagano inconsapevoli perse nei loro pensieri confusi. A poco a poco tutte le residenti  rientrano nella loro stanza e si addormentano o restano comunque silenziose.
Solo Maria non dorme. E chiama a voce bassa e un po’ tremante. Miryam accorre a la trova scoperta e protesa nel tentativo di alzarsi.

-     -  Ma cosa fai Maria?! Dove vuoi andare?! Fa tanto freddo, sai?
-      -Voglio andare a casa
-     -  Ci penseremo domani… adesso dormire e coprire almeno
-     - Voglio andare a casa, domani è Natale e devo essere a casa, viene mio figlio! Sai, è tanto che non lo vedo. Non c’è stato un Natale senza mio figlio, prima…
-     -  Capisco Maria, e come… anch'io vuole vedere mio figlio domani
-      - Ma tu domani mattina vai a casa..
-      - Si ma mio figlio è tanto lontano
-     -  Lontano?
-      - Si, non lo sai? Io sono di un altro paese. E mio figlio è rimasto là coi nonni.
-      - E suo padre non c’è?
-      -  No, è andato anche lui, a cercare lavoro. In Kazakistan a fare il meccanico nel gas
-      -  Anche mio marito se ne è andato…  il tuo tornerà! Ma tu sei Miryam? Che bel nome!
-      -  Si era il nome della mia nonna. Povera nonna.. era ebrea..

Dopo le parole di Maria e il ricordo della nonna la mente di Miryam si blocca. Non aveva mai conosciuto sua nonna se non attraverso i racconti dei suoi genitori. 

Era una donna coraggiosa, non si era nascosta di fronte alla persecuzione e insieme al suo primogenito e a quasi tutti gli altri ebrei di Leopoli un tragico giorno fu costretta a camminare verso una fine cruenta. Si sentiva tanto vicina a lei e se ne sentiva l’erede non solo nel nome.

Un solo pensiero si fa strada: -siamo tutte uguali, giovani, vecchie, al lavoro o ricoverate, italiane o straniere, belle o brutte, ortodosse o cattoliche o ebree coma la mia povera nonna. Tutto si ferma se intorno a noi mancano i nostri cari e più di tutto se non possiamo essere vicini al “nostro bambino”. Si, perché anche per Maria che ha 85 anni suo figlio è il suo bambino, che questa sera non c’è… proprio la notte della nascita del “bambino”.

Con molti pensieri e poche parole, le due donne restano insieme tutta la sera finché verso la mezzanotte arriva un giovane bello, alto, vestito di bianco.

-       - Buon Natale, belle signore
-       -Buon Natale. Risponde Miryam
-       -Buon Natale – risponde Maria – ma chi sei?

Il giovane risponde alla domanda di Maria con una lunga carezza. Che mani calde e che potere ha la sua presenza!

Ecco comparire immagini danzanti nella camera e le due mamme vedono il loro bambino, lo vedono nella forma gioiosa e spensierata in cui l’hanno visto qualche volta da piccolo e sempre lo vorrebbero vedere. Mamma Maria se lo stringe dopo averlo visto correre a perdifiato verso di lei e Miryam sorride in quel momento magico.
Poi, tutto lentamente svanisce lasciando un sentimento di grande serenità.

-      - Era un angelo - dice Maria
-       - Si, era un angelo -risponde Miryam, girandosi e salutando il suo amico Mario, l’infermiere che conosceva molto bene l’arte della cura.



Mario, infatti, aveva compreso da tempo quanto fosse indispensabile curare prima di tutto l’anima, e solo dopo il corpo. Questo giovane infermiere aveva imparato ormai che tutti partecipiamo allo stesso modo all'umanità e che basta l’assenza di un solo essere umano perché l’intera nostra specie manchi di qualcosa di essenziale, perché nessuno è isolato, e nessuno può sperare di vivere bene indipendentemente dalle relazioni con gli altri. Mario sapeva anche, però, che ogni essere umano vivo e presente ha il compito di continuare ad arricchire l’umanità come può, magari anche solo con una carezza, che talvolta può essere capace di rendere visibile quell'invisibile che ognuno di noi ha a cuore e desidera.




-       - Che bella notte di Natale, anche tu hai visto il tuo bambino?
-       - Si l’ho visto, eravamo insieme nella nostra casa in Ucraina…
E Maria a lei, sorridendo:
-      - L’è pròpe vèra che sè töć fradei[i]






[i] Dal dialetto bergamasco, letteralmente “è proprio vero che si è tutti fratelli”