lunedì 14 marzo 2011

Alla ricerca del welfare

L’Organizzazione mondiale della sanità ha dato un messaggio interessante sul tema della salute degli anziani. “ Invecchiare è un privilegio e una meta della società. È anche una sfida che ha un impatto su tutti gli aspetti della società del XXI secolo”. Già adesso in Europa, come in altre regioni ricche del mondo, una persona su cinque ha più di 60 anni, ma in Italia la situazione è anche più rilevante. In Italia un quinto della popolazione ha più di 65 anni, cioè ha superato la soglia dell’età lavorativa ed entra a far parte della schiera, in continuo aumento, dei soggetti che si trovano in situazione di dipendenza.

Trend popolazione: Struttura % per età
Indice di dipendenza
ANNO
0-14
15-64
65 +
85 +
%
1990
16,80
68,50
14,70
1,20
21,46
2010
14,00
65,50
20,50
2,80
31,30
2020
13,10
63,70
23,20
3,90
36,42
2030
12,20
60,80
27,00
4,70
44,41
2040
12,40
55,60
32,00
5,80
57,55
2050
12,70
53,70
33,60
7,80
62,57
Nella tabella riprodotta a fianco  si possono vedere le proiezioni della struttura per età della popolazione così come risultano da un’estrapolazione di dati pubblicati dall’ISTAT[1].  Questi dati sollecitano l’apertura di diversi fronti di ricerca e di studio. Prima di tutto dobbiamo domandarci cosa accadrà da un punto di vista dell’equilibrio tra la produzione di reddito e la spesa in generale, essendo evidente che si tratta di un equilibrio molto difficile in questa situazione, ma si dovrà anche pensare a soluzioni che attengono all’ampio panorama della prevenzione.
L’indice di dipendenza[2] degli anziani propone un trend che non è esagerato definire spaventoso: oggi c’è un indice pari a 31 ma nel 2050, non così lontano in fondo, sarà esattamente raddoppiato, infatti, oggi c’è un anziano ogni cinque persone mentre alla metà del secolo che stiamo vivendo ce ne sarà uno su tre!
L’aumento del numero degli anziani è un argomento che acquisterà sempre maggiore importanza nella nostra compagine sociale, tra l’altro per il fatto che questa sorta di rivoluzione demografica che stiamo vivendo comporta un considerevole aumento del carico di importanti malattie come quelle cardiovascolari, il diabete, la malattia di Alzheimer e altre patologie neurodegenerative come tumori, malattie polmonari ed altre. Ciò porta ad una conseguenza fondamentale riassumibile semplicemente nel concetto di aumento della pressione sul sistema sanitario. Tale pressione aumenterà inesorabilmente provocando un aggravamento dello squilibrio in termini economici e finanziari già presente per una crisi mondiale che, al di là di facili ottimismi, è ben lungi dall’arrestarsi e rischia addirittura di diventare più grave col pericolo, oggi non teorico, di trovarsi di fronte a un conflitto armato. Basta riflettere sulle conseguenze possibili della crisi socio-politica dei paesi del Maghreb e dell’impennata a cui stiamo assistendo del costo dell’energia.
Dunque che possiamo fare? Certo non è in nostro potere risolvere i conflitti internazionali e gli andamenti del costo del barile; per questo – speriamo – ci penseranno i Governi. Possiamo fare comunque molto: in primo luogo possiamo studiare i problemi e diffondere le informazioni. La popolazione dovrebbe sapere, per esempio, che esistono connessioni rilevanti tra il costo dell’energia e il welfare. Se non si assume un nuovo grado di consapevolezza, l’unica conseguenza che un responsabile del budget familiare si aspetta di risolvere è la quadratura del bilancio mensile che, al limite, per effetto della crisi, non riuscirà più a fare se non riducendo qualche consumo. In particolare, visto che aumenta il costo dei carburanti, si potrà pensare che basti rinunciare a qualche giro in macchina.. invece no, si dovrà mettere in conto anche una riduzione della qualità della vita dal punto di vista dei servizi sociosanitari. Basta abbandonare per un attimo la logica del contingente per capire che la riduzione dei consumi per effetto della crisi comporta, anche in valore assoluto oltre che in rapporto alla domanda, livelli decrescenti di disponibilità finanziaria per lo Stato e per gli enti pubblici con conseguenze evidenti non nell’immediato ma nel medio termine. Ad una contrazione della disponibilità finanziaria non potrà che corrispondere una contrazione della spesa e sarà ben difficile mantenere sempre al di fuori di questo schema la sanità in generale e ancor più l’assistenza agli anziani. L’intervento pubblico diventerà di conseguenza via via sempre più selettivo per affrontare il già difficile problema dell’aumento del numero dei potenziali utenti di servizi.
È necessario fare in modo, poi, che ogni cittadino responsabile non voglia pensare che la cosa non lo riguarda, magari perché è giovane. Prima di tutto perché anche ai giovani può capitare di aver bisogno di servizi di tale natura e, in generale, perché non si deve dimenticare “per chi suona la campana?” Non ci sono dubbi, infatti, che quando sentiamo i rintocchi di un grave pericolo, dobbiamo ricordarci che la campana preannuncia un guaio che riguarda tutti! Qui e ora ci sono certi problemi che riguardano magari solo alcuni, nel tempo gli stessi problemi riguardano anche tutti gli altri, o prima o poi. Nessuno di noi ha la ricetta per vivere in perfetta salute fino al giorno prima di andarsene e nessuno ha la ricetta per non invecchiare.
Abbiamo percorso un lungo periodo di oltre 5 decenni in cui la vita si è allungata e la qualità è cresciuta e adesso ci sembra lecito aspettarsi che tutto continui così, magari senza crescita, ma almeno con il mantenimento di un certo livello di qualità. Ma non è così. Come si può illuderci che in un futuro, dove, se va bene le risorse sono le stesse, si potrà avere la stessa qualità nei servizi a fronte di un aumento del numero degli anziani e di un allungamento di quella fase della vita in cui i costi sanitari sono maggiori? Da qualche parte lo Stato dovrà tagliare e non è illogico immaginare che, se nulla cambia, sia inevitabile tagliare anche in questo ambito.
Per evitarlo ci vuole una specie di rivoluzione culturale che, partendo dal basso, implichi non solo il disagio e la scontentezza di un gran numero di persone ma anche una loro corretta informazione. Senza informazione sui pericoli che sta correndo nessuno si deciderà a compiere tale rivoluzione che dovrebbe consistere nella nascita di una nuova capacità dei cittadini di fare selezione del personale politico. Importante è comprendere che, se stiamo tutti fermi, con l’attuale trend di concentrazione della ricchezza, il futuro vedrà che per alcuni non sarà un problema garantirsi una vecchiaia agiata e con tutti i confort mentre per altri, molti altri, sarà impossibile avere ciò che gli anziani di oggi stanno ricevendo normalmente.
Di certo non dovremo imbracciare i fucili e andare a Roma, ma dovremo assecondare una rivoluzione della cultura che ci porti a scegliere i nuovi sindaci sapendo perché li scegliamo. Dovremo fin da subito prepararci ad essere interlocutori e non semplici spettatori del sistema politico per scegliere consapevolmente e per conferire agli eletti un mandato preciso sull’ottimizzazione dell’impiego delle risorse per il welfare.
Dovremmo imparare anche a non farci illudere dagli slogan. Ad esempio, se parliamo di federalismo, non dimentichiamo che nel settore del welfare è necessario garantire maggiori fondi alle regioni magari, se non c’è altro modo, riducendo davvero l’attività dello Stato in questo settore. Con il sistema attuale, che vede una netta prevalenza dello Stato, non abbiamo altro che pensioni e assegni con i quali si continuerà – ma fino a quando? – a pagare servizi a domicilio di dubbia qualità e fuori da ogni controllo tecnico e anche a volte fuori dalla legalità.
Non che lo Stato o chi per esso (regioni o comuni) debba aumentare la produzione diretta dei servizi, perché ciò porterebbe probabilmente ad aumentare lo spreco di risorse. Lo Stato deve assicurare il controllo dei produttori dei servizi affinché questi facciano il meglio possibile con le risorse date. Lo Stato deve pretendere molto ed esercitare un controllo efficace. L’affermazione che solo il pubblico utilizza tutte le risorse per il servizio e quindi è da preferire è una vecchia favola che dobbiamo far decadere al più presto. Il sistema organizzativo dell’ente pubblico non è strutturato per gestire efficacemente le aziende di produzione e chissà quando lo potrà essere. Oggi quindi l’opinione a cui sembra doversi opportunamente affidare è che possiamo aspettarci buoni servizi più da un’azienda privata (profit o non profit) che da un’azienda pubblica. Naturalmente ciò sarà tanto vero in quanto i produttori saranno sottoposti a controlli efficaci, perché in mancanza, ovviamente l’occasione di facili guadagli potrebbe influenzare chiunque.
Dunque una corretta informazione ai cittadini sarebbe dovuta affinché possano imparare a selezionare i loro governanti in un’ottica attenta non semplicemente ai bisogni dell’oggi, ma al divenire del welfare. Così si può cominciare a sperare in un futuro migliore, un futuro a cui offriremo ulteriori possibilità se sapremo istaurare un nuovo regime di prevenzione. È noto a tutti che l’invecchiamento della popolazione è accompagnato da un grande aumento di alcune malattie con conseguente carico sul sistema sanitario, quindi, deve diventare prassi comune occuparsene in anticipo. Le malattie croniche impongono alla popolazione anziana un peso elevato in termini economici e di salute a causa proprio della lunga durata di queste malattie, della diminuzione della qualità della vita e dei costi per le cure.
Sebbene il rischio di malattie aumenti con l’età, i problemi di salute non sono necessariamente una conseguenza inevitabile dell’invecchiamento. Infatti se per molte di queste patologie non si conoscono misure preventive efficaci, per altre invece già sono note come il sano stile di vita che include una regolare attività fisica, una sana alimentazione evitando il fumo. Si deve considerare, inoltre, che le misure di prevenzione includono anche indagini cliniche per la diagnosi precoce di molte malattie gravi.
Si tratta anche in questo caso di fare un’opera culturale di notevole portata per la quale è richiesto l’impegno del Governo che assume il compito di indirizzare la popolazione, non semplicemente con degli spot di “Pubblicità Progresso” ma offrendo incentivi a chi promuove le regole di una vita sana e a chi diffonde la cultura del controllo preventivo. Facilitazioni fiscali a chi offre cheek up sanitari, esenzioni fiscali alle aziende che seguono una strategia pubblicitaria con questo fine, obbligo alle televisioni di dare spazi pubblicitari a minor costo a chi fa pubblicità con questo fine in modo evidente.
La ricetta di una possibile cura ai mali del welfare che verrà è una razionalizzazione dei servizi accompagnata da un miglioramento delle condizioni di informazione e prevenzione dei cittadini.



[2] Gli anziani vivono grazie ai redditi prodotti dai giovani ovvero dipendono da loro, così l’indice di dipendenza è il rapporto percentuale tra il numero degli anziani e il numero delle persone tra i 15 e i 64 anni. Diverso è l’indice di dipendenza totale che è dato dal rapporto di anziani e giovanissimi con i componenti delle classi di età 15-64.

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