lunedì 4 ottobre 2010

Non si può tacere! (Il Punto 04 ottobre 2010)

Non si può non dire la nostra di fronte a uno spettacolo di degrado della politica che non ha precedenti da mezzo secolo a questa parte. Quasi vent’anni fa ci siamo scandalizzati per Tangentopoli e Mani Pulite, ma oggi… beh oggi non ci si scandalizza più! E questo è il guaio, siamo assuefatti e solo pochi gridano nelle piazze, ma così facendo si mettono in evidenza in modo negativo, si squalificano da soli. Così è il trionfo della falsità e dell’ipocrisia, del populismo e del decadimento dello Stato di diritto.


Le responsabilità della politica sono enormi, ma quanti di noi sanno dire e fare qualcosa hanno il dovere di farlo. Hanno il dovere di esporsi e denunciare quello che non va e di battersi per cambiare.

Noi non possiamo chiedere agli uomini dei partiti di cambiare, primo perché non siamo organizzati e non ci ascolterebbero, ma poi, soprattutto, perché se anche riuscissimo a farci ascoltare non potrebbero cambiare proprio niente. La politica nelle sue varie formazioni ed espressioni è come un treno in corsa (Non un moderno “Freccia Rossa”, ma un merci carico di container dal contenuto ignoto) non veloce, certo, ma con una massa enorme e quindi con una irrefrenabile inerzia. Prima di vedere un cambiamento in modo naturale bisogna che il treno si fermi. Ma come potrà fermarsi se di giorno in giorno si accendono polemiche che alimentano confusione e antipatie e soprattutto stanchezza ed apatia nel popolo? È su questo che confidano per andare avanti: sull’apatia del popolo che alimentano con fervore ogni giorno, con una marea di sciocchezze distraenti.

Con questa situazione di fondo come possiamo aspettarci che il nostro settore abbia delle possibilità di maggiori investimenti? Soldi non ce ne sono molti anche perché questo strano tipo di democrazia che c’è in Italia costa molto, forse troppo per le garanzie che offre. Ci vorrebbe una democrazia … più democratica! I cittadini dovrebbero contare di più in ogni campo, ma anche e forse soprattutto nel mondo dell’assistenza socio-sanitaria. I politici, in fondo devono fare quello che vuole la maggioranza, il problema è che i cittadini vengono distratti dalla realtà e dai loro stessi diritti. Possibile che qualcuno possa far infervorare le piazze dicendo che dobbiamo liberarci dal rischio delle troppe intercettazioni telefoniche? Ma la massa dei cittadini, lavoratori onesti o disoccupati altrettanto onesti rischia forse di essere intercettata? E a quale scopo potrebbe mai succedere una cosa simile?!! Per sapere come stanno i figli o se la fidanzata di Tizio adesso si è innamorata di Caio? A chi potrebbe mai interessar spiare questo al punto da mettere in atto costose intercettazioni per un’azione puramente vouieristica e assolutamente lontana dalla probabilità di scoprire dei comportamenti illeciti. Si da il caso che la stragrande maggioranza non commette reati per poi parlarne al telefono la stragrande maggioranza è costituita da persone semplici che il più grande illecito che commettono è qualche infrazione automobilistica. Dunque questo è solo un esempio, ma serve appunto a dimostrare lo stato confusionale coatto in cui i cittadini vengono mantenuti da una politica sempre in campagna elettorale e sempre impegnata a fare comizi denigranti.

Lo scopo delle mie parole è quello di scuotere qualcuno dal torpore. Basta credere, basta limitarsi, come massima reazione a cambiare partito, così senza riflettere. Forse bisognerà anche cambiare partito ma quello che soprattutto oggi si deve fare è svegliarsi! Capire e farsi sentire.

Capire e farsi sentire è una necessità imprescindibile per gli utenti dei servizi e lo devono fare autonomamente o attraverso loro rappresentanti o tutori, ma è una necessità anche per i parenti e infine per i lavoratori del settore la cui immagine e stabilità può essere messa in crisi da una riduzione della qualità del lavoro nelle strutture e nei servizi in genere.

Qualche settimana fa, nell’ultimo “punto” ho sostenuto che possono essere trovate risorse se eliminiamo la corruzione, anche nelle nostre realtà e come corollario la creazione di una forma di autoregolamentazione dei lavoratori del settore. Ho parlato della possibilità di una riedizione di forme autoregolamentate paragonabili alle antiche corporazioni. Certo il passato non si ripropone così, semplicemente. Bisogna pensarci bene, ma una cosa è certa: la civile convivenza e lo sviluppo professionale richiedono regole certe che oggi lo Stato non è in gradi di dare e così come non ci da le regole neanche ci offre un esempio di luminosa onestà di comportamento da seguire. Quindi ci dobbiamo arrangiare. Dobbiamo crearci il substrato di cultura appropriato, dobbiamo attrarre le menti più giovani e far sentire che dentro di noi c’è una forza immensa che deve essere spesa per il bene comune ma che non può trovare il modo di esprimersi se non c’è una contropartita. La contropartita deve trovare coronamento in una miglior retribuzione (e qui si deve pensare come fare) ma anche in una miglior remunerazione in termini di soddisfazione umana e professionale.

Nessuno ci dirà mai “Bravo”. Lavoriamo nell’ombra e nell’ombra sono ben contenti di mantenerci. E allora da questa posizione scomoda e improduttiva dobbiamo reagire per il bene nostro e di chi da noi riceve i servizi.

La prima cosa è la consapevolezza. Uniamoci e lavorando al principio comune arriveremo, grazie alle nostre qualità di operatori ad essere riconosciuti e così affermeremo che la nostra presenza e valorizzazione sono indispensabili se vogliamo costruire un welfare migliore.

Dobbiamo continuare insieme ad approfondire questo tema.

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