mercoledì 30 dicembre 2015
News letter di fine anno - Auguri e altro
Se il tempo che passa, l'inquinamento delle città e il Rapporto del CENSIS ti hanno intristito, pensa comunque positivo. Lavora con più forza e con amore per il tuo ruolo e il 2016 ti sorriderà!
Per leggere di più Clik su Pensieri di fine anno.
Ecco i programmi di alcuni corsi molto interessanti che ci sentiamo di far conoscere e pubblicizzare.
Disturbi cognitivi (Mantova)
Buone prassi e risk management (Montaione)
PAI e valutazione dei risultati (Padova)
Buone pratiche (Crespano del Grappa TV)
Laboratori seminariali (Lendinara RO)
Management delle RSA (Master LIUC)
martedì 29 dicembre 2015
Una riflessione di fine anno
Simo giunti agli ultimi giorni dell’anno che, come
sempre, sono carichi di pensieri, di ricordi e di speranze. C’è a volte anche
un po’ di nostalgia perché, in fondo, un altro capo d’anno è comunque un segno
del tempo che passa. Ciò che abbiamo
lasciato dietro quasi sempre alla fin fine lo rimpiangiamo. Se non altro perché
da domani saremo un po’più vecchi e le feste, perché non dirlo, ci hanno
anche stufato. Avete notato che sono
sempre uguali..?
Ma questa volta nei telegiornali di chiusura dell’anno
si parla molto di dissesto climatico e di inquinamento. Così questi nostri geni
di sindaci, solitamente capaci di grandi
gesti, decretano “il blocco totale” della circolazione. Si ma dalle 9 alle 16,
perché si sa verso sera l’inquinamento se ne va…
Allora cercando altre notizie ci si può imbattere in un
articolo pubblicato sul sito del CENSIS che sintetizza i risultati del Rapporto
2015 “Welfare Italia. Laboratorio per le nuove politiche sociali”. Dice:
la White Economy vale 290 miliardi di euro con 3,8 milioni di occupati
La conclusione che vi si legge è che la filiera della
cura, dell'assistenza e della previdenza per le persone è anche un formidabile
volano di sviluppo per il Paese, da cui addirittura può partire la ripresa. Infatti,
il valore economico della cosiddetta White Economy è di 290 miliardi di euro
con 3,8 milioni di occupati. È segnalato che tale valore equivale al 9,4% della
produzione nazionale.
Per rimanere nell’ambito sociosanitario si scopre che questo
rappresenta il 10,4% del totale che tradotto in valore assoluto significa quasi
trenta miliardi di euro.
C’è da sentirsi bene pensando che comunque il nostro
settore va bene e fa parte di un ambito che non conosce crisi… ma bisogna
leggere tutto...
L’ultimo paragrafo porta questo titolo” Bisogni
crescenti, ma Italia divisa in due nell'accesso alle prestazioni
socio-sanitarie”. Con l'allungamento della vita media, continua a crescere
la domanda di cure e di assistenza, ma negli anni della crisi, tra il 2007 e il
2014, la spesa sanitaria pubblica è diminuita del 3,4% in termini reali. E oggi
sono meno del 20% gli italiani che affermano di trovare nel welfare pubblico
una piena risposta ai loro bisogni. Nelle regioni del Mezzogiorno l'82,8% della
popolazione ritiene non adeguate le prestazioni offerte dal servizio regionale,
mentre al Nord-Est e al Nord-Ovest la percentuale scende rispettivamente al
34,7% e al 29,7%. La conclusione è che nell’assistenza prevale il «fai da te» con il ricorso alle badanti. Sono più di 3
milioni le persone che soffrono di difficoltà funzionali gravi. Tra queste, 1,4
milioni sono confinate all'interno della propria abitazione e bisognose di cure
diurne e notturne. La spesa pubblica per l'assistenza è in fase calante dal
2010, pure a fronte di una domanda crescente. Di fronte al ritardo nella
progettazione di sistemi di long term care, gli italiani scelgono anche in
questo caso un modello del tutto spontaneo e ad elevata molecolarità, basato
sul reclutamento diretto delle badanti che per il 76% degli italiani è una
soluzione valida o addirittura priva di alternative reali.
Se a questo punto ci si sente stanchi si può provare a cercare altrove e alla fine magari
trovare idee migliori riportate da altri “pensatori di fine anno”.
Come questa:
“Non lavorare guardando continuamente l’orologio e
aspettando il weekend e quelle 4-5 settimane di ferie all’anno. Se vivi così,
sei già morto. Sei inutile, se ti va male verrai sostituito da qualcuno che
costa meno di te, o da una macchina. Se ti va bene passerai il resto della tua
vita sopravvivendo soltanto.
Vivi e lavora sognando che arrivi presto il lunedì, e non
il venerdì. Vivi pensando, inventando e sperimentando. Trova quindi il modo di
lavorare ogni giorno a qualcosa che ami, e non a qualcosa che ti permetta solo
di sopravvivere.”
L’autore lo ha definito un post campato per aria ma sembra
un buon augurio da fare a tutti, anche a quelli che pensano, forse a ragione, che
le generazioni del passato gli hanno mangiato il futuro.
Coraggio, intraprendenza e la fiducia nelle proprie
capacità sarà per tutti lo stimolo vincente.
Cerchiamo, dunque, per l'anno che sta per cominciare, di
porre nuove basi al nostro sentire, semplicemente lasciando emergere in noi tutte
le meravigliose qualità che può contraddistinguere il genere umano, mettendoci un
pochino di impegno. Sembra tutto molto difficile, ma ci possiamo provare.
Cominciamo con un sorriso.
Buon 2016 a tutti!!
mercoledì 9 dicembre 2015
Mettere la relazione al centro
Di Giulia Dapero
(Editoriale n.12 di ANOSS Magazine)
Alice rise: «è inutile che
ci provi», disse; «non si può credere a una cosa impossibile.»
«Oserei dire che non ti
sei allenata molto», ribatté la Regina. «Quando ero giovane mi esercitavo
sempre mezz’ora al giorno. A volte riuscivo a credere anche a sei cose
impossibili prima di colazione»
Lewis Carrol, Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie, cap. V.
Anche noi, proprio come Alice, abbiamo bisogno di
imparare a credere a qualcosa che ora come ora ci sembra impossibile. Dovremmo
allenarci a ipotizzare nuovi mondi possibili, a immaginare quotidianamente
margini di cambiamento, che sicuramente ci restano. In particolare vorrei
provare a gettare uno sguardo nuovo su un concetto noto e per il nostro settore
molto importante: quello di relazione.
Sembra necessario oggi ricordare il valore della relazione, considerate le
caratteristiche della realtà contemporanea, nella quale la solitudine si manifesta come la condizione tipica e non dettata
dalla libera scelta individuale. Sono quasi del tutto scomparse ormai le reti
familiari forti di un tempo, e tutte le forme di appartenenza di cui prima si disponeva
si sono fatte più fragili. Siamo individui che per lo più si muovono soli, simili ad atomi che procedono
secondo percorsi diversi, scoordinati, che si intrecciano soltanto quando all’uno
sorge un bisogno e all’altro si presenta la possibilità – remunerata, si
intende – di soddisfarlo. Cresce costantemente il rischio di divenire solo una
massa indefinita, fatta di punti isolati che non sanno come coagularsi attorno
a una direzione comune. Anche nel
nostro settore talvolta si percepisce questa atomizzazione: le strutture sono,
in molti casi, sparse sul territorio nazionale come fossero isole incapaci di
comunicare. A pagare le conseguenze di questo isolamento, chiaramente, sono in
primo luogo gli operatori e gli utenti dei servizi. È di fronte a questa realtà
che mi pare che si presenti l’urgenza di un cambiamento, che deve avvenire in
primo luogo a livello culturale. Abbiamo bisogno di maggior confronto, di
occasioni di incontro, scambio e dialogo. Abbiamo bisogno, insomma, di
costruire relazioni nuove e più solide, per crescere, migliorare, sentirci appartenenti
a una comunità e ritrovare valori
importanti come quello della solidarietà.
È necessario che migliori la qualità della vita di ogni operatore, che deve
poter comunicare con gli altri colleghi, anche lontani; deve poter sentire il
sostegno di un’intera cultura di settore, che operi al fine di far sentire
ognuno di noi meno vulnerabile dal punto di vista sociale. Tra i buoni
propositi per l’anno nuovo dovremmo inserire anche questo, per riuscire a rompere
muri divisori e ostilità vuote che esistono tra tutte quelle realtà che, se da
un lato si dichiarano a favore del «sociale», dall’altro continuano a mantenere
vivi solo dei giochi di potere.
È anche per questo che stiamo progettando un
importante incontro nell’aprile 2016, aperto a tutti i professionisti di
settore, a cui abbiamo dato nome di Meeting
delle Professioni di Cura e che abbiamo deciso di estendere anche ai
familiari degli utenti dei servizi (ovvero alla comunità cittadina tutta). Si
tratta infatti di un evento di animazione culturale che vuole essere
l’occasione annuale per pensare a un futuro migliore, a partire però da
un’analisi del presente. Sarà un’occasione di incontro (un «meeting» appunto), che nasce per
diffondere cultura, ma anche per stimolare socialità e relazionalità. Vuole
restituire ore formative di alto livello, che migliorino la professionalità di
tutti gli operatori, ma vuole anche porre le basi per il dialogo tra categorie
di persone spesso in conflitto (come operatori e familiari). Sarà infine anche
un evento ludico, capace di generare bellezza e senso di libertà. Non rinuncia
ad avere nel suo titolo la parola «cura», perché è ciò di cui abbiamo più che
mai bisogno. Sarà proprio questo, infatti, che accadrà in quelle due giornate
di aprile: l’incontro di una comunità che, prima di ogni altra cosa, avrà
voluto e saputo prendersi cura di sé.
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