mercoledì 9 dicembre 2015

Mettere la relazione al centro


Di Giulia Dapero 
(Editoriale n.12 di ANOSS Magazine)

Alice rise: «è inutile che ci provi», disse; «non si può credere a una cosa impossibile.»
«Oserei dire che non ti sei allenata molto», ribatté la Regina. «Quando ero giovane mi esercitavo sempre mezz’ora al giorno. A volte riuscivo a credere anche a sei cose impossibili prima di colazione»

Lewis Carrol, Le avventure di Alice nel paese delle meraviglie, cap. V.

Anche noi, proprio come Alice, abbiamo bisogno di imparare a credere a qualcosa che ora come ora ci sembra impossibile. Dovremmo allenarci a ipotizzare nuovi mondi possibili, a immaginare quotidianamente margini di cambiamento, che sicuramente ci restano. In particolare vorrei provare a gettare uno sguardo nuovo su un concetto noto e per il nostro settore molto importante: quello di relazione. Sembra necessario oggi ricordare il valore della relazione, considerate le caratteristiche della realtà contemporanea, nella quale la solitudine si manifesta come la condizione tipica e non dettata dalla libera scelta individuale. Sono quasi del tutto scomparse ormai le reti familiari forti di un tempo, e tutte le forme di appartenenza di cui prima si disponeva si sono fatte più fragili. Siamo individui che per lo più si muovono soli, simili ad atomi che procedono secondo percorsi diversi, scoordinati, che si intrecciano soltanto quando all’uno sorge un bisogno e all’altro si presenta la possibilità – remunerata, si intende – di soddisfarlo. Cresce costantemente il rischio di divenire solo una massa indefinita, fatta di punti isolati che non sanno come coagularsi attorno a una direzione comune. Anche nel nostro settore talvolta si percepisce questa atomizzazione: le strutture sono, in molti casi, sparse sul territorio nazionale come fossero isole incapaci di comunicare. A pagare le conseguenze di questo isolamento, chiaramente, sono in primo luogo gli operatori e gli utenti dei servizi. È di fronte a questa realtà che mi pare che si presenti l’urgenza di un cambiamento, che deve avvenire in primo luogo a livello culturale. Abbiamo bisogno di maggior confronto, di occasioni di incontro, scambio e dialogo. Abbiamo bisogno, insomma, di costruire relazioni nuove e più solide, per crescere, migliorare, sentirci appartenenti a una comunità e ritrovare valori importanti come quello della solidarietà. È necessario che migliori la qualità della vita di ogni operatore, che deve poter comunicare con gli altri colleghi, anche lontani; deve poter sentire il sostegno di un’intera cultura di settore, che operi al fine di far sentire ognuno di noi meno vulnerabile dal punto di vista sociale. Tra i buoni propositi per l’anno nuovo dovremmo inserire anche questo, per riuscire a rompere muri divisori e ostilità vuote che esistono tra tutte quelle realtà che, se da un lato si dichiarano a favore del «sociale», dall’altro continuano a mantenere vivi solo dei giochi di potere.

È anche per questo che stiamo progettando un importante incontro nell’aprile 2016, aperto a tutti i professionisti di settore, a cui abbiamo dato nome di Meeting delle Professioni di Cura e che abbiamo deciso di estendere anche ai familiari degli utenti dei servizi (ovvero alla comunità cittadina tutta). Si tratta infatti di un evento di animazione culturale che vuole essere l’occasione annuale per pensare a un futuro migliore, a partire però da un’analisi del presente. Sarà un’occasione di incontro (un «meeting» appunto), che nasce per diffondere cultura, ma anche per stimolare socialità e relazionalità. Vuole restituire ore formative di alto livello, che migliorino la professionalità di tutti gli operatori, ma vuole anche porre le basi per il dialogo tra categorie di persone spesso in conflitto (come operatori e familiari). Sarà infine anche un evento ludico, capace di generare bellezza e senso di libertà. Non rinuncia ad avere nel suo titolo la parola «cura», perché è ciò di cui abbiamo più che mai bisogno. Sarà proprio questo, infatti, che accadrà in quelle due giornate di aprile: l’incontro di una comunità che, prima di ogni altra cosa, avrà voluto e saputo prendersi cura di sé.

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