Molto apprezzati gli interventi tutti di eminenti studiosi ed esperti del settore
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Segue una sintesi dell'intervento di Renato Dapero presente all'incontro quale vice presidente nazionale dell'associazione
ANOSS non è nata per scopi
di mero interesse momentaneo, è nata, e noi la vogliamo far crescere, a difesa
di un’idea di sviluppo della cura del non autosufficiente che mette realmente
al centro l’uomo. Sappiamo benissimo che questo punto lo pongono tutti a
fondamento dell’azione, ma noi vogliamo fare di più: non limitarci alla pura e
semplice affermazione del principio ma costruire questa idea in modo concreto, svolgendo
azioni che rendano il principio veramente possibile e attuale. Intendiamo mettere
l’uomo al centro quindi intendiamo dare importanza e pari dignità
all’anziano/disabile e all’operatore. Tutti gli operatori senza distinzioni e
prevalenze perché noi siamo ANOSS Operatori Sociali e Sociosanitari quindi OSS,
ma anche medici, infermieri, fisioterapisti, educatori/animatori, dietisti ecc.
Certo l’OSS assume un’importanza fondamentale
per noi, in primo luogo per il peso numerico, trattandosi di oltre 340 mila in
Italia, poi, e soprattutto, per l’importanza strategica del professionista che
più di ogni altro opera ed è vicino al bisogno.
ANOSS si occupa di formazione a tutto
campo. Agli OSS ma anche alle altre figure e pone un particolare rilievo alle
figure che costituiscono il MIDDLE MANAGEMENT. La ragione è semplice: le figure
intermedie sono quelle che più sopportano il peso dell’organizzazione e su di
loro poggiano molte delle speranze di buon funzionamento e di efficace
assistenza. Devono essere tecnicamente capaci e alo stesso tempo pronte a
sopportare gli stress professionali per le responsabilità che in particolare
ricadono su di loro. Sono stressate dai loro capi che vogliono il meglio al
minor costo e lo sono anche dalle collaboratrici che a volte si sfilano dalle
responsabilità o chiedono supporti tecnici. Senza parlare poi del
coordinamento, cioè delle competenze necessarie a mantenere unita “la squadra”
spesso eterogenea per età, capacità tecniche e cultura generale.
L’altro argomento fondamentale da trattare è la
motivazione. Per ANOSS motivazione e lavoro di squadra sono i due elementi del
filo conduttore di ogni corso e costituiscono il fondamento della nostra
mission. Sappiamo che il lavoro di cura è difficile e stressante, che spesso sfocia
nel burnout, ma siamo anche convinti che sia anche il lavoro più bello per le
sue componenti relazionali. È proprio valorizzando questa componente e portando
a nudo le emozioni degli operatori che si può trovare la via per un più
efficace rapporto tra i due soggetti umani che si confrontano nel delicatissimo
rapporto di cura.
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A chi si avvicina alla nostra
associazione chiediamo anche di essere disponibile a collaborare nella
costruzione di una nuova cultura del lavoro che superi le semplificazioni del
mero interesse economico, magari da trasferire in compiacimento edonistico.
Chiediamo di credere e di impegnarsi verso il principio dell’autorealizzazione.
Viviamo in un mondo che ha superato i problemi della sopravvivenza di base,
lavoriamo per aver i soldi sufficienti per vivere e per averne un po’ di più da
investire. Noi dobbiamo dire basta al desiderio di spendere il di più per
conquistare brevi soddisfazioni passeggere. Dobbiamo imparare a guardare
avanti. Chiediamo di aiutarci a interrompere quella catena di cecità che si
snoda nelle diverse classi sociali e giunge fino a noi. Non dobbiamo lasciarci
guidare da chi guarda solo all’interesse particolare di quel momento
particolare. Queste sono le guide cieche [1]a cui
non dobbiamo affidarci quelli che ci raccontano tutto il bene possibile a parole
e ci abbandonano a noi stessi nei fatti; interrompono lo sviluppo del nostro
libero pensiero lasciando che le nostre menti si perdano nel magma televisivo.
Si, certo, c’è anche un po’ di critica sociale, ma altrimenti come si potrebbe
arrivare a una nuova cultura se non ci sforzassimo di essere portatori di un
punto di innovazione? E come possiamo sperare che l’innovazione possa
affermarsi se non ne prendono coscienza tutti gli strati della popolazione e
per la sua parte insostituibile la classe dirigente?
A Keynes, il grande economista del
secolo scorso a cui si deve gran parte delle soluzioni per risolvere la grande
depressione del ‘29, è attribuito questo aforisma: “La difficoltà non sta nel credere nelle nuove idee ma nel rifuggire
dalle vecchie”
In conclusione, l’atteggiamento
innovativo è il connotato distintivo della nostra associazione e di questo
siamo fieri, certi che faremo per la nostra parte il compito di proporre una
nuova linea formativa e di conseguenza operativa in un momento che si fatica a
comprendere e in cui tutti hanno bisogno di credere in qualcosa. Offriremo
corsi di formazione tradizionali per far si che giovani disoccupati o
inoccupati possano trovare modo di esprime le loro aspirazioni, ma offriremo
anche forme nuove e diverse per cogliere al meglio il grandioso potenziale
umano ed emotivo che veramente potrà fare la differenza nel lavoro di
assistenza che ha una componente relazionale determinante.
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[1] La Parabola
dei ciechi è un dipinto a
tempera su tela (86x154 cm) di
Pieter Bruegel, databile al 1568 circa e conservato nel Museo di Capodimonte di
Napoli. È firmato in basso a sinistra "BRVEGEL.M.D.LX.VIII.".
La scena raffigura un gruppo di sei ciechi che avanza in
fila indiana, ciascuno appoggiandosi sulla spalla dell'altro, lungo una linea
obliqua un po' sfasata rispetto al primo piano. Quattro avanzano poggiando una
mano o il bastone sul compagno che lo precede, ma il primo già è caduto nel
fossato e il secondo lo sta per seguire, trascinando tutti gli altri.
Accentuato quindi il senso drammatico, con la rappresentazione contemporanea
delle diverse fasi della caduta. Con grande realismo l'artista rappresentò i
ciechi con lo sguardo perso nel vuoto e le cavità oculari vuote.
Essi sono simbolo della cecità spirituale umana, che riserva
un destino infelice. ( da Wikipedia)
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